Adotto un protocollo clinico che chiamo ‘metodo Il chiropratico’ che nasce da quanto appreso negli studi universitari al Palmer College in America e grazie alla pratica clinica all’estero e in Italia, ai numerosi corsi di aggiornamento in giro per il mondo e all’osservazione o collaborazione di famosi chiropratici del passato e del presente tra cui vorrei ricordare il Dr Greissing, il Dr Butler, il Dr Castellani, i Dr Meersseman, il Dr Seru, il Dr Fujikawa, il Dr Asselberg, il Dr Bertamini, il Dr De Leo.
Le tecniche chiropratiche utilizzate sono molte e vengono adattate al paziente, alla sua condizione ed età. Le principali sono tecniche americane: Gonstead, Diversified, Activator, SOT, Thompson, Toggle recoil, Applied Kinesiology.
La visita in caso di ernia del disco non è molto diversa dalla prima valutazione chiropratica che si fa per qualunque altra condizione, perché si deve valutare sempre la persona nella sua globalità, con un’attenzione olistica.
Anzitutto ascolto con attenzione come la persona espone i suoi problemi.
Si valutano eventuali esami radiologici: RX, risonanze, Tac e ecografie, se effettuati.
Si può fare una visita senza aver effettuato esami?
Certamente si. Anzi meglio. Eventuali esami, se necessari, in accordo con il medico curante o lo specialista potranno essere chiesti successivamente. Questo consente di chiedere, per esempio, radiografie specifiche adeguate al caso.
Osservo con attenzione come la persona cammina, poi si procede all’analisi della postura.
Si eseguono sempre test neuro-muscolari propri dell’Applied Kinesiology (in Italiano Kinesiologia applicata, è una metodica di valutazione sviluppata dal chiropratico americano George Goodheart) e altri test specifici.
Qualunque chiropratico laureato in USA conosce bene anche la validità dei test che vengono effettuati da un medico ortopedico o neurochirurgo per valutare l’ernia del disco.
Sulla base delle disfunzioni riscontrate con i test chiropratici viene stabilito il trattamento.